Il rapporto primordiale tra uomo e acqua

L’oceano è una forza primordiale, un’enorme distesa d’acqua che evoca sia timore sia fascino e richiama le origini, quando il feto si trova nel liquido amniotico nell’utero della mamma. Per me la conoscenza del mare e dell’acqua e la reazione del mio corpo a contatto con essa, non è solo una necessità tecnica, ma una parte integrante della mia essenza di uomo e navigatori. Un aspetto molto importante nella preparazione al Vendée Globe.

In caso di emergenza, la capacità di tuffarsi per ispezionare lo scafo, liberarlo da eventuali ostacoli, come mi è successo alla Bermuda 1000 Race nel 2019, la prima regata alla quale ho partecipato in IMOCA, può fare la differenza tra continuare la corsa o doverla abbandonare. Ma oltre l’aspetto tecnico, c’è qualcosa di più profondo.

 

Il Mare Maestro

Il mare insegna. Ogni onda, ogni corrente, ogni tempesta porta con sé lezioni preziose. Imparare a immergersi, ad esplorare i fondali, è una parte vitale di questo apprendimento. 

L’apnea non è solo una questione di trattenere il respiro. È un esercizio di autocontrollo, di disciplina mentale e fisica. Quando sei immerso, lontano dalla superficie, senti il battito del tuo cuore rallentare, il mondo si riduce a un silenzio ovattato. In quei momenti, impari a conoscere i tuoi limiti, a spingerli con rispetto e consapevolezza.

La preparazione per il Vendée Globe non riguarda solo la barca o la rotta. Riguarda la costruzione di una relazione simbiotica con l’acqua. Ogni immersione è un’opportunità per affinare le proprie capacità, ma anche per meditare, per ascoltare ciò che il mare ha da dire. È un dialogo continuo, un allenamento non solo per il corpo, ma soprattutto per la mente.

Il rapporto tra uomo e mare è ancestrale. L’acqua è il nostro elemento originario, ci richiama a una parte di noi che spesso dimentichiamo nella frenesia della vita quotidiana. Prepararsi per una regata come il Vendée Globe significa riconnettersi con quella parte, ricordare che siamo esseri d’acqua, che il mare scorre nelle nostre vene.

In mare, ogni decisione è cruciale. La capacità di mantenere la calma, di gestire lo stress, di prendere decisioni lucide sotto pressione è ciò che distingue un buon marinaio da un grande marinaio. E l’apnea è un perfetto allenamento per sviluppare queste qualità. Ti costringe a rallentare, a controllare il respiro, a trovare la pace in situazioni potenzialmente stressanti.

Prepararsi al Vendée Globe non è solo una questione di allenamento fisico e strategico, ma di immersione totale, di armonia con il mare. È riconoscere che ogni onda, ogni immersione, ogni momento passato a respirare con calma sott’acqua, è un passo verso la comprensione di sé stessi e del vasto, misterioso mondo che è l’oceano. 

Quando il giorno della partenza arriverà, sarò pronto non solo perché ho affinato le mie abilità tecniche, ma perché avrò costruito una relazione profonda e rispettosa con il mare. E in quella relazione, troverò la forza e la saggezza necessarie per affrontare ogni sfida che gli oceani vorranno presentarmi.

Ogni viaggio parte dal primo passo

Una regata non parte dal primo miglio, ma dall’ultimo miglio della regata precedente.

Preparare una regata oceanica è un processo complesso che richiede una pianificazione dettagliata e una gestione accurata di ogni aspetto della barca e dell’equipaggio. 

È un processo che si inserisce in un flusso e che viene preceduto dal debrief della regata precedente.

Alla fine di ogni regata raccolgo le riflessioni fatte durante la prova appena terminata, in modo da avere chiara e condividere al mio team tecnico la pianificazione del cantiere che, oltre alla normale manutenzione e alle consuete verifiche, si deve basare sulle migliorie che riteniamo necessarie. 

Il lavoro svolto sarà fondamentale in partenza, non solo per la performance del mezzo, ma anche per la mia preparazione e reattività: devo sapere che tutto è stato fatto a dovere e devo poter essere in grado di intervenire su qualunque soggetto qualora ci fossero problemi. Per questo cerco sempre di tenere un occhio su tutto.

È anche qui che si concentra il mio lavoro durante le fasi di cantiere: nella presenza con i ragazzi, nella conoscenza dei temi affrontati, nella direzione e presa di decisione condivise con il mio boat captain e il mio team. 

In questa fase, mi assicuro che ogni parte e strumento della barca vengano curati nei minimi dettagli e sorveglio il timing per fare in modo che non ci siano grosse decisioni da prendere all’ultimo minuto. 

Altrettanto importante è la preparazione della vita di bordo. È importante assicurarsi di avere a bordo tutto il necessario per l’intera durata della regata. 

Insieme al mio team preparo i sacchi dei materiali di rispetto, tutto quello che potrebbe essere utile nel caso fosse necessario fare delle riparazioni durante la regata. Non si tratta di un compito semplice: l’esperienza è maestra cosi come la capacità di scegliere, perché non possiamo portare tutto quello che vorremmo.

Da solo mi occupo della composizione della cambusa, che viene poi preparata da me e dal responsabile della logistica del mio team. Utilizziamo un foglio excel per l’organizzazione a bordo, che deve essere facile ed intuitiva: non amo avere dei sacchi giornalieri, ogni giorno scelgo in base a una serie di variabili tra cui il clima, lo stato del mare, come mi sento, le energie di cui ho bisogno, l’umore. 

Spetta esclusivamente a me anche la scelta dei vestiti da portare, che seleziono in base all’esperienza fatta nelle regate precedenti. È una fortuna poter avere in questo campo un partner tecnico che mi segue e con il quale condivido durante l’anno feedback e necessità. 

Sempre con il ragazzo che si occupa della logistica, organizzo tutto in dei sacchi, in modo che ogni cosa sia facilmente accessibile.

Infine, è fondamentale avere fiducia nel proprio team. E considero parte del team anche i fornitori esterni e i partner.

Ho la fortuna di lavorare con dei ragazzi impegnati, implicati, sui quali so di poter contare. Il boat captain è una figura chiave, che mi segue e si rende reperibile durante tutta la regata. A lui mi rivolgo per qualsiasi bisogno a bordo. Con lui scegliamo chi coinvolgere via via dei ragazzi del team o dei prestatari esterni, con i quali ho un ottimo rapporto umano, e che sono anche per questo sempre reattivi. I partner, gli sponsor tecnici, sono in più un sostegno reale ed emotivo. 

Ogni membro del team ha un ruolo specifico da svolgere e siamo tutti consapevoli dell’importanza del nostro lavoro per il successo della squadra. Perché anche se navigo in solitario, il progetto è di tutti e se anche loro restano a terra in regata, sono in qualche con me in barca. Nel lavoro che hanno fatto, nei messaggi di incoraggiamento che mi inviano…

Grazie a Gaby, Michael, JB, Ale, Tony, Matthieu, Jordan, François, Helly Hansen, Raymarine, Gottifredi Maffioli, Kholer Lombardini. E sempre Prysmian.

L’Accoglienza calorosa di Prysmian USA

Non scorderò mai l’accoglienza ricevuta dal management di Prysmian USA durante la mia recente visita a New York.

Approdato nella Grande Mela dopo la faticosa regata The Transat CIC, ho ritrovato e incontrato una rappresentanza del management del mio Title sponsor, Head Quarter e America del Nord, con il quale abbiamo animato un incontro con i più importanti clienti di questa importate regione.

Le pubbliche relazioni giocano un ruolo cruciale nel mondo degli affari, specialmente in un’azienda globale e B2B. La mia attività di navigatore oceanico solitario, offre un’opportunità unica per rafforzare i legami con i clienti e i partner. Le storie di sfide in mare aperto, di lavoro in team che sostiene la performance, di gestione della crisi, di resilienza – qualità che sono profondamente radicate nei valori di Prysmian – sono fonte di riflessione comune che si traslano in maniera impeccabile nel lavoro manageriale. 

Incontrare manager e clienti – che sono stati invitati anche a visitare l’imbarcazione ormeggiata lungo le banchine di Brooklin – è stato per me fonte di ispirazione: i miei racconti di avventure oceaniche, la narrazione congiunta della storia che lega il mio passato a quello di Prysmian, le nostre intenzioni e valori comuni, la passione per l’innovazione, l’obiettivo della sostenibilità, creano un legame emotivo che va oltre la semplice sponsorizzazione. 

In questo mio stop over americano, sono stato anche invitato ad animare un evento interno che ha tenuto luogo nel North America Headquarters Office, in Kentucky. Essere accolto con tanto entusiasmo e sostegno dalle persone di Prysmian è stato un momento di grande importanza, non solo per me personalmente, ma anche per la partnership duratura che condividiamo dal 2007: ho potuto incontrare, scambiare con persone che hanno voglia di ascoltare, chiedere e raccontare, ho ricevuto importanti feedback che ci aiuteranno a proseguire al meglio il nostro lavoro comune. 

Si è creato uno scambio naturale, una condivisione che testimonia come una partnership che riesce a entrare nel tessuto interno dell’azienda, sia in realtà anche un forte strumento di aggregazione, che motiva e crea un entusiasmante senso di appartenenza a un team allargato, presente in tutto il mondo. Un entusiasmo che si traduce in un ambiente di lavoro positivo e motivato, che si riflette anche nel servizio e nella dedizione verso i clienti.

La mia avventura con Prysmian non è solo una sponsorizzazione: è una partnership basata su valori condivisi e obiettivi comuni.

L’accoglienza ricevuta a New York è stata una testimonianza di quanto questa relazione sia vera e significativa e di come continui a crescere. 

C’è una frase che fa parte della nuova immagine di Prysmian, che rappresenta quello che stiamo vivendo e cha sarò orgoglioso di mostrare sulle mie vele: Navigate the way forward. 

Grazie ad Andrea Pirondini, Cristina Bifulco, Roberto Candela, Maura Nespoli, Anna Write, a tutti coloro che ho incontrato a New York e a tutte le donne e gli uomini di Prysmian che lavorano ogni giorno con noi o che semplicemente sentono l’IMOCA Prysmian la loro barca. So che sarete tutti a bordo con me durante il mio prossimo Vendée Globe.

Gestione della crisi

Per un navigatore oceanico, non è sufficiente solo saper navigare: è necessario saper gestire le crisi che possono avvenire in navigazione.

In mare, come in azienda, è fondamentale saper affrontare le difficoltà con razionalità e capacità di analisi. Ecco perché le competenze manageriali diventano cruciali, sia che si tratti di gestire un team che di dirigere un’azienda o un’imbarcazione. Nelle ultime 48 ore di regata alla TransatCIC, la regata di 3500 miglia che da Lorient porta a New York affrontando le depressioni del Nord Atlantico, ho avuto seri problemi di elettronica che mi hanno obbligato a navigare in modalità sopravvivenza. Una serie importante di falsi contatti ha fatto saltare gli schermi del computer e generato un mal funzionamento degli strumenti di bordo, ma soprattutto non avevo il pilota automatico principale che naviga grazie ai dati raccolti. Il pilota di riserva che ancora funzionava, navigava solo in modalità bussola, che necessita di continue regolazioni. Una situazione non facile da gestire, con una notte in bianco aggiuntasi alla stanchezza generata da una regata non semplice. Una situazione che rischiava di incidere sulla mia concentrazione.  Ma grazie al team a terra e alla caparbietà dovuta dalla necessità siamo riusciti a rimettere in funzione tutto il necessario.  E dopo essermi fermato un attimo, guardando nella quiete dopo la tempesta la luce dello schermo di nuovo funzionante e il pilota automatico, mi sono venute alla mente queste riflessioni di parallelo tra vela e management.    

Conoscere il Contesto

La prima regola per affrontare una crisi è conoscere il contesto in cui ci si trova. In mare, questo significa avere familiarità con le condizioni atmosferiche, lo stato del mare e la situazione della propria imbarcazione. Nell’ambito aziendale, significa comprendere il mercato, i concorrenti e le dinamiche interne ed esterne all’azienda.

Conoscere i Problemi

Un marinaio esperto sa individuare i problemi prima che diventino criticità. Lo stesso vale per un manager: è fondamentale saper riconoscere i segnali di allarme e intervenire tempestivamente per risolvere le situazioni problematiche prima che diventino irrimediabili.

Prendere Coscienza della Situazione

Una volta avverata una crisi, è necessario prendere coscienza della situazione, che significa staccare l’emotività e osservare, informarsi, razionalizzare. Significa guardare i dettagli avendo una visione d’insieme. Un marinaio che affronta una tempesta deve avere una visione d’insieme della situazione: deve valutare il vento, le onde, la direzione della corrente e prendere le decisioni giuste per mantenere la barca in sicurezza. Un manager deve essere in grado di guardare oltre i singoli problemi e avere una visione strategica del business, individuando le opportunità e pianificando le azioni future.

Mettere in sicurezza

Il punto precedente porta direttamente alla prima reazione: mettere in sicurezza. Quando pensiamo ad una crisi in mare, è un pensiero scontato: la prima cosa da fare è mettere in sicurezza lo skipper e gli strumenti, la barca. Nel management, vale lo stesso: quando capita qualcosa, è necessario preservare quanto resta e non degenerarlo. Proteggere il team, il budget, i risultati fino allora ottenuti… 

Attendere il momento giusto

Anche in caso di crisi, non bisogna agire in maniera emotiva e impulsiva. Se previsti – ed è bene farlo – è auspicabile agire per automatismi, nel caso di un navigatore, o per procedure nel caso di un’azienda. Gli automatismi permettono reazioni automatiche e testate, che lasciano la mente libera e risparmiano energie, così come le procedure aziendali.  Importante è anche aspettare il momento giusto. In navigazione si tratta semplicemente di attendere la buona condizione meteo, il giusto stato fisico e mentale per procedere con le riparazioni (basti immaginare la salita in testa d’albero), altrimenti si rischia di pagarne le conseguenze in maniera a volte più grave della crisi iniziale. In azienda anche: comunicare una crisi nel modo e momento giusto è fondamentale.

Avere Caparbietà e non mollare

Nelle situazioni difficili, è importante non arrendersi e lottare con determinazione per superare gli ostacoli, sia in mare, sia a terra. Determinazione, resilienza aiutano a fronteggiare le sfide con tenacia e coraggio e ottimismo, trovando soluzioni creative ai problemi e mantenendo sempre alta la motivazione del proprio team.

Recuperare

La conclusione di un processo di gestione di crisi è attuare la soluzione trovata, cercando di ripartire fissando nuovi obiettivi che includono il recupero di quanto perso. In mare come a terra.

Navigando tra le scelte

In questi giorni, in famiglia, stiamo affrontando un tema comune eppure non banale: la scelta. 

Tutti scegliamo. In continuazione. Che si tratti di scelte banali, piuttosto che importanti, l’implicazione è sempre la stessa: scegliere significa mettersi in una situazione di disequilibrio, significa escludere una o più possibilità dalla tua vita, che non conoscerai mai, perché possiamo percorrere soltanto uno dei bivi che si presentano nel momento della scelta. 

La scelta è un tema che ritrovo costantemente nel mio mestiere, di navigatore come di manager: un bivio con due o più possibilità e tantissime ragioni pro e contro per ciascuna di esse. Di fronte decisioni difficili, sia nel mondo dello sport sia in quello professionale, ciò che ho sempre cercato di fare è utilizzare l’intuizione quando la razionalità non riesce a dare il passo finale.

La scelta è una crocevia in cui il passato incontra il futuro, dove ogni direzione offre promesse e incognite. È un tema universale, che si manifesta non solo nei momenti cruciali della vita, ma anche nelle decisioni quotidiane. Come genitori, ci troviamo spesso a spiegare ai nostri figli l’importanza di fare scelte consapevoli e responsabili.

La razionalità offre una bussola sicura, ma l’intuizione è la stella polare che guida il nostro istinto. Mentre la ragione analizza i pro e i contro, l’intuizione ci spinge verso ciò che sentiamo giusto nel profondo del nostro essere. È attraverso l’ascolto di noi stessi e l’immaginazione degli scenari possibili che possiamo percepire quella forza magnetica che ci attira verso la nostra vera strada.

L’intuizione in me si manifesta con l’immaginarmi in entrambi gli scenari e cercare di sentire quel qualcosa di magnetico che a un certo punto senza ragione, senza una spiegazione razionale, mi attira naturalmente verso una delle strade che si presentano. In modo che posso definire anche misterioso. 

Ho sempre conosciuto quella voce come la voce l’intuizione: una voce a cui ho cominciato a fare caso da piccolo e che mi ha portato a fare scelte a volta criticate, ma che mi hanno portato ad essere oggi chi sono. Un percorso di studi e di vita particolari: da una scuola professionale per odontotecnici a una laurea in filosofia, a un lavoro legato allo sport, il solitario. A essere me stesso, a sentirmi al posto giusto nel momento giusto.

Come velista professionista, ho imparato a fidarmi più dell’intuizione che della bussola. Attraverso il vento e le onde, ho imparato che ci sono momenti in cui la razionalità non basta e devi affidarti al tuo istinto per trovare la via migliore.

Anche nel mondo del business, le decisioni spesso si presentano come incroci di strade, ognuna con le proprie sfide e opportunità. Come manager, ho imparato che l’intuizione è un alleato potente nella ricerca delle soluzioni migliori. 

La vita è un viaggio di scoperta e le scelte sono le vele che ci portano avanti. Mi piace immaginare l’intuizione come una bussola interna: ascoltare quella voce misteriosa significa abbracciare il potere delle proprie scelte. E questo secondo me è l’unico modo per navigare con sicurezza verso il proprio destino e verso il successo del proprio business.

Aurelio, dovrai scegliere il tuo college, mamma e papà ti hanno accompagnato a visitare tante scuole, ma adesso il passo è tuo. E se alcuni ritengono che a dieci anni sei ancora piccolo per certe scelte, per noi non lo sei. Vogliamo insegnarti a scegliere ascoltando la voce del cuore. E se cadrai saremo con te per incitarti a rialzarti, a correggere, a continuare in questa scuola infinita che si chiama vita.

Riciclare ogni giorno

Deve diventare un’abitudine, e lo diviene facilmente con un po’ di organizzazione e metodo. 

Il riciclo, fatto di piccole azioni quotidiane, può fare una grande differenza. Riducendo la quantità di rifiuti destinati alle discariche, il riciclo contribuisce a preservare gli ecosistemi marini, proteggendo la vita oceanica che è vitale per gli equilibri globali. La pratica del riciclo non solo riduce le emissioni di CO2, ma limita anche l’inquinamento causato dalla produzione e lo smaltimento dei materiali, garantendo un ambiente più pulito e sano per tutti noi. Per ciascuno di noi. 

Questo mi piacerebbe che tutti capissero, e prendo l’occasione di questa giornata mondiale del riciclo per sottolinearlo. 

Io e la mia famiglia ci impegniamo a riciclare seguendo le indicazioni del nostro Comune, la stessa cosa faccio mentre navigo e fa il mio team a terra.

Nel contesto del prossimo Vendée Globe 2024, l’impatto del riciclo emerge come un tema cruciale: lo hanno dichiarato a Parigi a settembre: il villaggio di partenza sarà vetrina per le buone abitudini legate alla sostenibilità. Per il futuro dei nostri mari e dell’intero pianeta.

In preparazione del prossimo Vendée, sento il dovere di diventare ambasciatore per il riciclo, e cercherò di dimostrare che anche in condizioni estreme è possibile adottare comportamenti responsabili verso l’ambiente. La consapevolezza dei problemi ambientali legati alla gestione dei rifiuti e l’importanza del riciclo possono ispirare non solo altri navigatori, ma anche persone di tutto il mondo ad adottare pratiche sostenibili nella propria vita quotidiana. 

Oltre agli impatti diretti sull’ambiente, il riciclo può anche avere benefici economici e sociali. La creazione di nuove opportunità di lavoro legate al riciclo può contribuire alla crescita economica delle comunità costiere e all’innovazione tecnologica nel settore marittimo. Inoltre, riducendo i costi associati allo smaltimento dei rifiuti, il riciclo può liberare risorse preziose che possono essere reinvestite nella preparazione e nell’equipaggiamento per future sfide oceaniche.

Tuttavia, affrontare la crisi dei rifiuti a livello globale richiede un impegno collettivo. Governi, industrie, comunità e individui devono lavorare insieme per promuovere pratiche sostenibili di gestione dei rifiuti e per incoraggiare l’adozione di comportamenti responsabili. Solo attraverso un approccio integrato possiamo garantire un futuro sicuro e sostenibile per le generazioni future, come ho cercato di spiegare anche nel mio ultimo libro “Proteggiamo l’Oceano”. 

Attraverso il riciclo e altre pratiche sostenibili, possiamo trasformare le nostre azioni quotidiane in un’impronta positiva sulle onde dell’oceano e nella vita di tutti noi, grazie a coloro che decidono di non chiudere gli occhi ma affrontano con consapevolezza, metodo e determinazione questi temi.

Mentalizzare un processo

Mentalizzare un processo è una delle tecniche su cui la vela mi ha marcato fin dall’inizio.

Che cosa significa? Significa visualizzare nella propria mente tutta una serie di azioni che avvengono nella giusta logica, considerando eventuali alternative da attuare in caso intervenissero delle variabili che non seguono il corso inizialmente immaginato.

In barca a vela, tutte le manovre devono passare da un processo cronologico di visualizzazione previa, altrimenti il rischio è quello di mettere l’equipaggio in pericolo o rompere qualcosa. L’esempio classico è quello della “mano di terzaroli”, manovra durante la quale tutta una serie di azioni si devono svolgere nella giusta cronologia e rapidamente, per non far sbattere troppo la vela o peggio rischiare di strapparla. Vietati i passaggi incrociati, mentalizzare la sequenza prima di iniziar la manovra aiuta sicuramente.

Mentalizzare è un’attività a cui io mi dedico quotidianamente: quando immagino come migliorare qualcosa in barca (il circuito di una cima, una manovra, un procedimento), passo sempre da un processo di mentalizzazione, nel quale immagino la modifica che intendiamo fare testandola nella mia mente in tutte le situazioni.

Cosa per me bellissima è che la tecnica che ho sviluppato nella vela, e che mi ha permesso di imparare rapidamente ad eseguire le manovre nel modo corretto, la ritrovo in tantissimi sport: nel golf e più recentemente nell’apnea.

Prima di un tuffo, richiamo alla mente la teoria e visualizzo tutti quei passaggi e quelle tecniche che, sperimentate, so mi porteranno a  cercare di dare il meglio: la fase iniziale di rilassamento che mi condurrà a consumare la minima quantità di ossigeno, la capovolta che va compiuta in un certo modo, la pinneggiata iniziale che deve essere energica e accompagnarmi ad essere “negativo”,  quel momento magico in cui ci si lascia cadere mantenendo il corpo rilassato; i vari passaggi della compensazione, la manovra di virata sul fondo che sia la più morbida possibile per evitare un edema polmonare, la risalita da effettuare con la giusta velocità per arrivare in superficie ed eseguire un protocollo di uscita corretto e non rischiare di fare un blackout alla fine del tuffo. Prima di un tuffo, mentalizzo tutti questi processi e cerco di aumentare al massimo la concentrazione per cercare di riuscire a progredire in qualcosa ad ogni tuffo. Che sarà comunque un’esperienza.

Per tutto questo, per me, la mentalizzazione è la capacità di immaginare nel modo più realistico possibile una serie di azioni, con tutte le eventuali complicazioni, cercando sempre di trovare una risposta, per fare in modo che, quando si passa dalla teoria e alla pratica, tutto possa svolgersi nel migliore dei modi.

Sognando una Lorient anche in Italia

In questi giorni ho letto la notizia che la World Sailing, la federazione mondiale della vela, ha designato Lorient, in Francia, capitale mondiale delle regate in doppio oceaniche per la stagione 2024.

A Lorient esiste un’associazione che ha reso la città intitolata ad Eric Tabarly, un mito della vela d’altura, famosa per navigatori oceanici che qui hanno messo la propria base perché ci sono strutture, servizi e cantieri adatti ai professionisti della vela d’altura. Lorient Grand Large è un centro di eccellenza per la vela competitiva sin dal 1997. È sede di squadre di livello élite nelle classi Ultim, IMOCA e Ocean 50, così come nelle Mini 6.50, Figaro, Class40. Lorient ha ospitato diversi eventi importanti negli ultimi anni, tra cui The Ocean Race, Solitaire du Figaro e il Retour à La Base.
Quando ho deciso di fare il salto professionale ho deciso di trasferirmi dall’Italia in questa meravigliosa città di mare che mi ha aiutato ad essere un marinaio migliore. Qui la mia Prysmian è rimessata in un cantiere e si sta preparando per il prossimo Vendée Globe.
La World Sailing in accordo con Lorient Grand Large, lo Yacht Club de France e il Royal Ocean Racing Club (RORC) organizzerà il Campionato del Mondo Offshore in doppio nel 2024 al largo delle acque della Bretagna.
Questo campionato del Mondo sarà un evento misto gestito congiuntamente da tre istituzioni, ognuna delle quali porterà la propria esperienza per realizzare l’evento. Lorient Grand Large assumerà il ruolo di leadership nell’organizzazione, mentre il RORC si occuperà della gestione della gara e lo Yacht Club de France porterà la propria rete di volontari e il controllo delle regole one-design.
Come navigatore oceanico, sono profondamente consapevole dell’importanza di avere luoghi dedicati, una “Sailing Valley” impegnata a promuovere questo tipo di eventi. Tuttavia, non posso fare a meno di sognare di avere una città come Lorient anche in Italia, pronta ad abbracciare la cultura delle regate d’altura.
Lorient è da lungo tempo un punto di riferimento per la vela competitiva, e la sua designazione come capitale mondiale delle regate in doppio oceaniche è un riconoscimento meritato della sua storia e della sua dedizione allo sport della vela. Le sue acque offrono condizioni ideali per le regate, e la comunità locale ha dimostrato un impegno straordinario nell’organizzare eventi di
livello internazionale.
Immagino quanto sarebbe potente avere una città italiana che abbraccia lo spirito delle regate oceaniche con la stessa passione e dedizione. L’Italia ha una ricca tradizione marittima e un patrimonio culturale che potrebbero essere esaltati attraverso eventi di questo genere. Immaginate una città costiera italiana che diventa il centro delle attenzioni mondiali per le regate in doppio oceaniche, con le sue acque cristalline e il suo fascino unico che attirano navigatori da tutto il mondo.
La designazione di Lorient come capitale mondiale della vela d’altura è un passo avanti per lo sviluppo e la promozione dello sport della vela. Spero che questa decisione possa ispirare altre città e comunità a seguire l’esempio, portando avanti la passione per le regate e creando opportunità per i navigatori di tutto il mondo.
Sono grato alla World Sailing per aver riconosciuto il valore di Lorient e per averlo elevato al titolo di capitale mondiale delle regate in doppio oceaniche. Spero che un giorno anche l’Italia possa avere la sua Lorient, pronta ad accogliere con entusiasmo il mondo delle regate oceaniche e a celebrare la bellezza e l’emozione della vela competitiva in alto mare.

L’Inarrestabile Spirito di Resilienza. Sofia Goggia.

Sofia Goggia, che tutti conosciamo per le sue imprese sulle piste da sci, è stata coinvolta in un brutto incidente durante l’allenamento a Ponte di Legno, che ha portato alla frattura della tibia e del malleolo tibiale della gamba destra. La campionessa azzurra è stata trasportata a Milano, dove è stata operata.

Sono appassionato di sport da sempre, amo lo sci, che utilizzo per allenare il mio corpo in condizioni utili anche per la navigazione.

Non conosco Sofia, ma so che quando qualcuno arriva ai suoi risultati, è animato da una forte determinazione, concentrazione, focus.

È naturale che in un momento come questo io mi immedesimi.

Nella vita di uno sportivo, ci sono momenti di gloria e trionfo, ma anche sfide che mettono alla prova la risolutezza e la forza d’animo. Sono momenti duri, spesso intimi, che richiedono concentrazione e uno spazio di re-azione privato.

Subire un infortunio che impedisce di esprimersi e raggiungere mete prefissate è senza alcun dubbio uno di questi. Non mi è mai successo, ma è una possibilità che ho ben chiara in mente. La preparazione mentale arriva anche a questo.

La perdita del controllo, il sentirsi un animale in gabbia, che vuole correre e non può, sono fantasmi a cui cerco di essere preparato.

Un infortunio di questo tipo, in un momento di brillanti risultati sportivi, in piena lotta per la Coppa del Mondo generale oltre che quella di specialità Discesa Libera, è una prova crudele che è possibile superare con resilienza e determinazione, due doti che sono sicuro guideranno Sofia attraverso le acque agitate della riabilitazione verso la riva della guarigione. Come ha già dimostrato di saper fare in passato.

Ho voluto scrivere di Sofia perché spero possa ispirare tutti coloro che lottano contro le proprie battaglie personali, a trovare il coraggio per superare ogni ostacolo sulla strada verso il successo, piccolo o grande che sia.

La sua storia ci ricorda che non importa quante volte cadiamo, ma quanti volte ci rialziamo.

In ogni momento di difficoltà, di abbattimento e di fatica emotiva, sono la capacità di guardare oltre il dolore e la frustrazione, la forza di concentrarsi sul processo di guarigione e di visualizzare il traguardo finale che possono aiutarci. La fede incrollabile nel proprio potenziale e nella propria forza interiore. La consapevolezza che ogni battuta d’arresto è solo un’opportunità per imparare, crescere e tornare più forte di prima.

Quando raggiungere un obbiettivo è un punto di partenza per migliorarsi

Sono passati poco più di tre anni dalla conclusione del Vendée Globe 2020, una delle gare più
impegnative al mondo, e ancora provo una sensazione positiva, come se avessi raggiunto un
obiettivo immenso che cercavo da diversi anni.

L’8 novembre 2020, dopo un anno e mezzo di preparazione, ho iniziato quell’avventura che mi ha
cambiato come uomo, come atleta, come navigatore. Il mio obiettivo era completare il giro del
mondo in solitario senza scali: ho sempre considerato il Vendée Globe, una regata mitica, una
sfida non dell’uomo contro il mare, ma dell’uomo con sé stesso e le sue paure. Per questo volevo
farlo, con tutto me stesso. Dopo 80 giorni, 22 ore, 42 minuti e 20 secondi, ho tagliato il traguardo.
E così, ho dato un senso a tutti i sacrifici fatti: le notti dormite nel furgone per potermi comprare il
primo Mini, le notti passate in barca per sorvegliare che non le succedesse nulla a causa del
maltempo…
Completare questa gara ha rappresentato per me qualcosa difficile da spiegare. Il Vendée Globe
non è solo una competizione, è un’esperienza estrema che mette alla prova resistenza,
determinazione e abilità di navigazione. Che insegna tanto all’uomo e al navigatore. Fiducia,
preparazione, adattamento, previsione. Tutti insegnamenti raccolti in uno zaino che mi porto sulle
spalle e che saranno gli strumenti per il prossimo Vendée Globe, che partirà il 10 novembre di
quest’anno.
Due settimane dopo la fine della gara, avevo già rivolto completamente il mio sguardo al futuro,
con l’obiettivo di costruire su questi risultati il mio Vendée Globe 2024.
Questa regata attrae tante persone perché è una gara lunga, solitaria, estrema, dove si naviga a
latitudini normalmente inaccessibili, riservate solo alle competizioni.

È unico.

Navigare in quelle acque così lontane, ora mentre scrivo, richiede tante cose senza le quali è
impossibile completare il giro del mondo. Una di queste è indubbiamente un pilota automatico
affidabile e ben tarato: non è possibile timonare 24 ore su 24, perché navigare in solitario significa
doversi occupare di tutto. Della barca, della navigazione, dell’uomo.
Ricordo che la consapevolezza dell’importanza di questo elemento, nella solitudine di una
navigazione così lunga, si è trasformata in gratitudine nei confronti di questo “copilota bionico” che
non si stanca mai, un compagno a cui affidarmi nei momenti di riposo o durante le manovre e lo
studio della mateo.
Il tempo trascorso al timone è davvero limitato, meno del 10% del totale. In caso di blackout totale,
senza energia o strumenti, la gara è finita. La priorità diventa semplicemente salvare la propria
vita. Una barca come quella senza energia e strumentazione è ingovernabile.
E per questo che, a poco più di 9 mesi dal via della prossima edizione, ora che la barca è ancora
in cantiere, penso a quanto sia importante che il pilota automatico sia in perfetta efficienza. In
realtà tutto ciò da cui lui dipende deve essere in perfetta efficienza. Ma diciamolo serenamente:
tutto deve essere in perfetta efficienza, perché un giro del mondo non si improvvisa. Né la prima,
né le volte successive.
L’esperienza del Vendée Globe non è solo un progetto concluso con successo: è anche un punto
di partenza per fare meglio, per andare oltre. Questa è la mia natura di sportivo, di agonista.
Lanciarmi sempre verso un nuovo obiettivo, un obiettivo vissuto in maniera differente: questa volta
di diverso ci sarà una maggiore consapevolezza delle potenzialità dei pericoli, degli imprevisti ma
anche della meraviglia che sarà questo nuovo percorso dentro di me, con la mia barca e le mie
emozioni di essere umano. E di differente ci sarà l’obiettivo, che mi tengo dentro, fisso davanti a
me.