Decidere sotto pressione: le regate insegnano

Prysmian Group la barca a vela

Sapere come decidere a volte è molto difficile, sia che si parli di una scelta che riguarda il lavoro, sia che si parli di una scelta che riguarda la vita di tutti i giorni. Diventa però un’arte quando si tratta di decidere sostenendo la pressione della responsabilità, dell’urgenza e della ricerca di un risultato. Giancarlo, nel suo lavoro di management di un progetto Vendee Globe, affronta questo tipo di pressione ogni giorno: pressione generata dalla necessità di preprare al meglio la sua barca a vela, di gestire al meglio il suo team e di cercare, sempre, di migliorare.

Ma è soprattutto durante le regate che si trova ad affrontare il livello massimo di pressione.

 

Prysmian Group in navigazione durante la regata #barca a vela
@Simon Jourdan / Bermudes 1000 Race

Durante la Bermudes 1000 Race 2019 Giancarlo ha dovuto prendere decisioni importanti. Soprattutto quella di tuffarsi in mare senza che nessuno controllasse l’imbarcazione mentre lui liberava la chiglia. Una decisione che doveva essere presa sul momento sotto la pressione del risultato, delle responsabilità e con la paura del pericolo.

A posteriori Giancarlo riflette su quella scelta, su quel momento, e ci accompagna a comprendere meglio come decidere sotto pressione. Ecco cosa ne pensa.
“Ero lì, con le pinne ai piedi, con la maschera da sub già sul viso e il coltello in mano. Guardando il mare, sentendo che la paura invadeva tutto il mio corpo e mi chiedeva di restare in barca. Nello stesso tempo percepivo dentro me il forte senso di responsabilità nei confronti di questo progetto e la determinazione a portarlo a termine. E, pensando soprattutto a Prysmian Group, alla fine ho saltato.” 
La prima regata alla quale Giancarlo Pedote ha partecipato in qualità di skipper in classe IMOCA è stata la Bermudes 1000 Race. Una regata molto importante, perchè valevole per la qualificazione al Vendee Globe, ma non solo. Partita l’8 maggio da Douarnenez, la Bermudes 1000 Race 2019 è stata anche la sua prima prova in solitario su un 60 piedi.
Chi ha seguito la prova ricorderà lo spiacevole imprevisto delle prime fasi della competizione. Uno di quei tranelli nei quali ci si può imbattere in navigazione e che minacciava di compromettere la prova. La rete di un pescatore si era incastrata nella chiglia della sua “barchetta”. Dopo aver tentato inutilmente una marcia indietro a vela per liberare la chiglia, Giancarlo si è trovato davanti ad una scelta. Il come decidere si è rivelato fondamentale: dopo aver guardato il mare e aver visto il volto della paura, si è tuffato.

Come decidere conservando la calma

Saltare in acqua comportava un rischio molto grande, ma era l’unica via d’uscita da quella situazione per continuare la regata. Giancarlo in quel momento ha deciso di zittire le voci della sua paura e correre il rischio. Si è lanciato in acqua, ha tagliato la rete da pesca ed è risalito sulla sua barca. Era stata una battaglia, ma l’avevano vinta la determinazione e l’eccellente capacità di mantenere la calma nei momenti difficili.
La forza mentale è una delle caratteristiche più preziose per uno sportivo d’élite, un buon manager o un grande leader. Permette di andare avanti nonostante le difficoltà e prendere decisioni concentrandosi solo su ciò che è realmente importante. Ripensando a quel momento, Giancarlo spiega le sue sensazioni e, quindi, come decidere in momenti di crisi. “La mente entra in uno stato di completa concentrazione, in cui i sensi sono focalizzati su ciò che si sta facendo. In situazioni come questa esistono solamente due realtà: quello che devi fare, e te stesso. Si entra in uno stato di sopravvivenza, ti senti come un uomo primitivo che deve affrontare una fiera armato solo di un coltello. Hai solo un’opportunità per sopravvivere e non puoi lasciartela scappare”.

Un complesso mix di calma, esperienza ed intuizione

Questa capacità di mantenere la calma nei momenti difficili non è, secondo lo skipper di Prysmian Group, questione di carattere. È un’abilità che si allena e che, con l’esperienza positiva dei risultati, si rafforza. In questo Giancarlo dà ragione ai filosofi che sin dai tempi di Platone definivano il processo decisionale una lotta tra ragione ed emozione. Così come il maratoneta ignora il dolore o il giocatore le grida di uno stadio, lo skipper ignora le sue paure in favore della ragione. Vale a dire, in questo caso, a favore del suo senso di responsabilità.
È una delle formule che noi esseri umani usiamo per scegliere, ma non è l’unica.
L’essere umano ha speculato sulla sua attività mentale per secoli, ma solo da pochi anni ha iniziato a comprendere come funziona il cervello. Grazie ad innovative tecniche di studio, la neuroscienza sta scoprendo che nel processo del “come decidere” entrano in gioco diversi fattori. Le emozioni, la ragione e l’istinto sono alcuni di essi. I sentimenti che si provano possono offuscare la ragione e impedire di prendere in considerazione informazioni a volte importanti. Dal lato opposto seguire solo la ragione può impedire di dare ascolto ai propri istinti, che a volte suggeriscono soluzioni interessanti.
La coscienza e le conoscenze immagazzinate inconsciamente lavorano dentro di noi per confonderci o per permetterci di trovare la soluzione migliore possibile.

Come decidere in regata pozzetto di #classe IMOCA Prysmian Group
@DR

Come decidere grazie all’esperienza

Dopo aver liberato la chiglia dell’IMOCA Prysmian Group dalla rete, Giancarlo ha potuto continuare la sua prova. Il tempo necessario a fermare la barca a vela, tuffarsi, tagliare la rete, rimontare a bordo e far ripartire l’imbarcazione era stato notevole. Giancarlo era precipitato agli ultimi posti in classifica, e doveva confrontarsi con una nuova situazione di stress. Aveva bisogno di trovare una strategia in grado di fargli recuperare posizioni in poco tempo, visto che il percorso della regata era solo 2000 miglia. Ma come si elabora una strategia vincente, quando il vento e il mare sono gli stessi per tutti e le barche e gli strumenti di navigazione sono simili?
Per scegliere la rotta ed elaborare una strategia di regata, Giancarlo usa i calcoli del suo computer, esegue simulazioni del percorso e interpreta file meteorologici. Mette a frutto la sua decennale esperienza di navigatore solitario e le ore di studio passate al computer e sui libri di meteorologia. Grazie a questi bagagli di esperienza cerca di capire, a volte intuire, quali delle rotte possibili potranno condurlo al suo obiettivo. Nonostante si tratti di un processo profondamente razionale, Giancarlo riconosce che utilizza una percentuale di istinto nautico formatosi in lui grazie all’esperienza. Riconosce che esiste un momento in cui qualcosa dentro di lui gli dice che, tra tutte le opzioni possibili, ce n’è una che può funzionare… E così è stato per la Bermudes 1000 Race, quando esperienza, studi e calcoli lo hanno portato a rimontare fino a salire sul terzo gradino del podio.

Esperienza, studi e calcoli

Nel libro di Jonah Lehrer “Come decidiamo”, il divulgatore analizza in dettaglio i diversi meccanismi cerebrali coinvolti nel processo decisionale. Uno dei meccanismi che definisce odore, istinto o intuizione, aiuta ad esempio un regista a decidere quale attore si adatterà perfettamente ad un determinato ruolo. Aiuta un creativo a scegliere una metafora visiva o un direttore editoriale a capire se un romanzo piacerà tanto da diventare un best-seller. Nessuna di queste persone sa come ha preso le sue decisioni. Raramente sanno spiegare perché lo hanno fatto, ma sanno che non sbaglieranno.
Ciò che associamo a una conoscenza interiore deriva da ciò che alcune regioni non coscienti del cervello hanno immagazzinato. Per vari anni si matura un’esperienza, si commettono errori durante la pratica professionale o si dedicano molte ore all’analisi di un ambiente specifico. Il cervello stesso inconsciamente scopre modelli di successo e aiuta la parte cosciente a scegliere. Come per Giancarlo “esperienza, studi e calcoli” sono stati gli elementi direttamente coinvolti nell’elaborazione della sua strategia.

arrivo della Bermudes 1000 race #PrysmianGroup
@François Van Malleghem / Bermudes 1000 Race

Come decidere sotto pressione anticipando gli eventi

Come scegliere in momenti di stress è qualcosa con cui Giancarlo si confronta spesso. Una regata in solitario, specialmente la prima in una nuova classe di barche a vela, la classe del Vendee Globe, è un momento di stress. Un momento in cui la pressione delle responsabilità si fa sentire. In questi casi l’esperienza è qualcosa che può aiutare, perchè aumenta l’intuizione, se le viene lasciato il giusto spazio.
“È necessario fare molti errori, per conoscere una barca a vela, riuscire a sentirla e capire i suoi bisogni. La barca sempre ti chiede, e tu devi occuparti di tutte le sue esigenze, come un bambino che ti chiede per andare più veloce ”. Per giungere al risultato di sentire davvero una barca a vela, di fondersi con essa per comprenderne i bisogni, è necessario molto allenamento. Ore passate insieme in mare e prove continue che permettono allo skipper di conoscere attraverso i sensi. Con il tatto, grazie alla tensione più o meno forte di una cima. Con l’udito, attraverso un rumore specifico che segnala cosa sta succedendo sulla sua barca.
È grazie a questo tipo di fusione che diventa possibile anticipare gli eventi, in mare come negli affari o nella vita di tutti i giorni. Conoscere per essere in grado di anticipare, lasciando spazio all’intuizione. Questa, per Giancarlo Pedote, è la giusta risposta alla domanda: “come decidere sotto pressione?”.

Approfondimenti

La Bermuda 1000 Race è una regata in solitario riservata all’IMOCA, inclusa nel programma del campionato Globe Series 2018-2021. Valevole per la qualificazione per il leggendario Vendée Globe, si svolge in un percorso di 2000 miglia che parte della baia di Douarnenez e arriva a Brest. Nel percorso, sono previsti un giro intorno al Fastnet (sotto l’Irlanda) e un passaggio attorno alle Azzorre.
Ecco la cartina che marca il percorso della regata:

Percorso Bermudes 1000 regata

Con la sua partecipazione e una rimonta rimarcabile, Giancarlo ha dimostrato che la calma e l’intuizione possono convivere nel processo decisionale e nel come decidere in momenti di stress derivanti dalla paura o dalla necessità di non mollare in una situazione avversa. La calma e l’intuizione nel suo caso derivano entrambi dall’esperienza, che riunisce quindi razionalità e sensazioni.
Per avere maggiori notizie in merito alla Bermudes 1000 Race e alla partecipazione di Giancarlo a questa regata:

La mia terza Transat Jacques Vabre, i ricordi, le aspettative.

Forte di due precedenti partecipazioni, la prima delle quali terminata con la vittoria in Multi50 nel 2015, Giancarlo Pedote si prepara a prendere il via della famosa Transat Jacques Vabre per la terza volta. Con un notevole cambiamento: questa volta sarà lui lo skipper.

Maggiori sono le responsabilità e la pressione, ma avendo gestito tutti i suoi progetti in prima persona, sin dal suo debutto sul circuito Mini 6.50 nel 2012, ha imparato a trasformare lo stress in energia positiva e le situazioni difficili in una sfida da affrontare. Ha un approccio molto determinato verso questa 14a edizione della Transat Jacques Vabre, la “Route du Café”, che porterà lui e il suo co-skipper Anthony Marchand, da Le Havre in Francia, a Salvador de Bahia in Brasile. Un test di cui conosce,
specificità e difficoltà, insidie e punti chiave. Giancarlo racconta tutto, con alcuni ricordi che vengono a galla…

Le prime due partecipazioni

Le mie prime due partecipazionirisalgono al 2015 e al 2017, quando la regata ancora terminava a Itajaí. Nella prima ho gareggiato in Multi50 a bordo di FenêtréA-Prysmian. Abbiamo vinto dopo poco più di 16 giorni e 22 ore, finendo terzi in classifica generale dietro agli Ultimes Macif e Sodebo. Nella seconda ho corso in IMOCA a bordo di Newrest – Brioche Pasquier, finendo al 12° posto. Sebbene diverse tra loro, entrambe queste esperienze mi hanno insegnato molto. 

I ricordi

” Ricordo che nel 2015, abbiamo faticato molto per una meteo estremamente complicata. Molte barche, nelle differenti categorie in gara, furono costrette ad abbandonare a causa delle difficili condizioni metereologiche. Abbiamo fatto praticamente quasi sempre bolina fino alle Canarie! Conservo un bel ricordo di quel periodo, non solo per le vittorie, ma anche perché è stato in quell’anno che mi si è aperto l’orizzonte del multiscafo. Anche l’edizione 2017 è stata una grande esperienza per me, perché è stata la mia prima traversata atlantica in IMOCA. Ero in modalità scoperta su una barca che non era dell’ultima generazione (era l’ex Gitana Eighty varata nel 2007 per Loïck Peyron). Purtroppo, poco dopo l’inizio della regata, lo spinnaker si ruppe e questo rappresentò un grave handicap per il proseguo della gara. Ma ho imparato molto.

Le specificità di questa Transat Jacques Vabre

Non se ne parla spesso, ma su un passaggio transatlantico così lungo (4350 miglia, ndr), ci sono minimo cinque sistemi meteorologici da superare: le depressioni occidentali, alle nostre latitudini; gli alisei nord-occidentali; il Pot-au-Noir; gli alisei sudorientali e un’area molto instabile e tempestosa verso la zona di arrivo. Sono tanti passaggi, e complicati. A mio avviso, molto si gioca all’inizio, tra l’uscita del Canale della Manica e il Golfo di Biscaglia. Superata la zona di convergenza intertropicale, che è sempre un po’ una lotteria, ciò che doveva rompersi si è rotto e i problemi tecnici che dovevano venire fuori, lo hanno fatto. Dopodiché, i primi in classifica normalmente restano tali…

La difficoltà principale

” La più grande difficoltà è l’inizio: prima di prendere il via restiamo a terra per circa dieci giorni. È necessario riuscire a entrare molto rapidamente in modalità regata, soprattutto considerando che è generalmente durante i primi giorni che si stabiliscono i gruppi di imbarcazioni e le distanze tra di essi. Non è facile perché in ottobre – novembre possono esserci importanti cambiamenti di tempo e/o temperature. Fa freddo, piove, ci sono vento e onde … non è facile trovare subito il giusto ritmo.

L’esperienza delle due precedenti partecipazioni: una risorsa. In che misura?

” Quando partecipi a una gara per la terza volta, c’è naturalmente meno stress. Conosci il percorso, i problemi che dovrai affrontare, le insidie lungo il percorso … Tuttavia si tratta di una traversata oceanica, tutt’altro che banale. Non ce ne sono mai due uguali. Ciò che cambia per me questa volta, è che assumo il ruolo di skipper e di conseguenza, la responsabilità di molte più cose. È un altro contesto e sono particolarmente centrato a fare le cose nel modo giusto. ”

 

Immagine di copertina © François Van Malleghem

Senza fiducia reciproca, senza una visione comune, non ci sono risultati

Senza fiducia reciproca, senza una visione comune, non ci sono risultati. È un assunto chiaro per Giancarlo Pedote e Anthony Marchand. I due skipper si preparano a partecipare insieme alla prossima edizione della Transat Jacques Vabre a bordo dell’IMOCA Prysmian Group, che ospita Electriciens sans frontières.

Nelle ultime settimane i due skipper hanno lavorato per costruire una solida fiducia reciproca, concentrandosi soprattutto su alcuni principi chiave che li portassero alla fiducia reciproca. Stabilire delle regole di comportamento sportivo condivise da entrambi, concentrarsi in un obiettivo comune, essere solidali in ogni situazione, mettere in valore le caratteristiche peculiari di ciascuno di essi. Hanno anche cercato di creare delle occasioni che li aiutassero a sviluppare questi assunti. In questo senso, il recente Tour de Bretagne à La Voile a cui hanno partecipato a bordo del Figaro Bénéteau 3 del Groupe Royer – Secours Populaire, è un esempio di successo sia dal punto di vista sportivo (9° posto in classifica generale), sia da quello umano. Oggi il duo può concentrarsi sul lato tecnico, a partire dal Défi Azimut che avrà luogo a Lorient da mercoledì 18 a domenica 22 settembre.

«Il fattore umano è molto importante in una regata quale la Transat Jacques Vabre, che dura tra i 12 e i 14 giorni. Non deve essere trascurato. È qualcosa a cui tengo in maniera particolare: per me conta molto la passione che viene messa nel fare il proprio lavoro», spiega Giancarlo Pedote, che sa perfettamente che non è sufficiente abbinare buoni elementi per costruire una squadra vincente. «Se un duo non è complice, non funziona», aggiunge il navigatore italiano.

Giancarlo è ben consapevole che per rendere efficace un team, sono necessari una strada, un desiderio, un sogno, un’organizzazione e un ritmo comuni. Ma anche condivisione, emozione e una storia. «Da quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, io e Anthony abbiamo scoperto che in navigazione siamo entrambi molto attenti ai nostri cinque sensi», aggiunge lo skipper di Prysmian Group, che non lavora necessariamente con le stesse procedure del suo compagno, ma che crede che la complementarità aumenti l’efficienza. «La Rolex Fastnet Race, i trasferimenti tra la Bretagna e l’Inghilterra, gli allenamenti e il recente Tour de Bretagne à La Voile, ci hanno permesso di trovare un nostro ritmo e di instaurare una buona alchimia», afferma Pedote.

L’umano, ma anche la tecnica

«Sono molto contento, perché la nostra buona intesa è sicuramente uno dei punti di forza del nostro team. Si tratta di un punto importante, perché quando sei in mare, soprattutto in gara, non condividi semplicemente un lavoro. È molto più di questo. Siamo insieme 24 ore su 24, e ci troviamo a dover affrontare momenti piacevoli, ma anche momenti difficili. Per me è quindi essenziale avere a bordo qualcuno che abbia voglia di condividere, che investa tutto se stesso come faccio io, e che, allo stesso tempo, sia positivo e ottimista», spiega Giancarlo. Mobilitare le energie attorno a un progetto comune è quello che Pedote e Marchand hanno fatto sin dall’inizio della loro collaborazione. Adesso è il momento di concentrarsi completamente sugli aspetti tecnici del progetto, innumerevoli in un progetto IMOCA.

«L’obiettivo da qui alla Transat Jacques Vabre è quello di continuare a perfezionare le manovre, di raggiungere rapidamente le velocità target dell’IMOCA Prysmian Group e continuare a conoscere la barca, soprattutto nei venti forti. Avere piena fiducia nel mezzo. Oltre a questo, c’è un grosso lavoro di sviluppo da fare sui piani elettronico e informatico. I 60 piedi sono barche molto molto complesse. C’è molto da fare e non è facile per una piccola squadra come la nostra. Ma ce la stiamo mettendo tutta», conclude lo skipper fiorentino, che non vede l’ora di partecipare al Défi Azimut per poter verificare differenti configurazioni di regata – in doppio e in equipaggio, nei Runs e in offshore – ma anche per poter scoprire i nuovi IMOCA.

Immagine in copertina © Martina Orsini